Nelle zone inquinate da Pfas i pozzi privati sono pericolosi!

8 Agosto 2019
Ambiente

La Regione garantisca acqua ‘zero Pfas’ a tutti i cittadini delle aree contaminate:
i pozzi privati sono pericolosi e nessuno di noi è “figlio di un Dio minore”!

E’ ciò che ormai dichiaro da anni, quando richiesi formule più protettive per donne e bambini o lo stanziamento di fondi specifici per l’aiuto all’acquisto di acqua in bottiglia per le famiglie senza acquedotto. All’epoca però chi si preoccupava era allarmista e la Giunta regionale, tramite i suoi tecnici, dichiaravano che non vi era alcun rischio sanitario.

Oggi tutti sembrano aver cambiato idea rispetto la pericolosità dei Pfas.
Eppure, ancora oggi, non tutti i cittadini delle zone rossa, arancio e delle altre aree contaminate da Pfas hanno diritto all’acqua non contaminata: per questo chiedo ancora una volta che la Regione intervenga affinché sia garantita anche a chi non è allacciato alla rete acquedottistica pubblica. Dopo 8 anni numerosi residenti si servono ancora di pozzi privati perchè non hanno mai avuto nè collegamento all’acquedotto, nè fornitura d’acqua alternativa e ciò è inaccettabile. I cittadini contaminati non hanno diritto ad essere parte del “prima i Veneti”?.

Chiedo quindi al Consiglio regionale intero di votare la mia proposta, l’ennesima, contenuta in una mozione creata assieme ai colleghi Patrizia Bartelle (Iic) e Piero Ruzzante (LeU) del coordinamento Veneto 2020 e sottoscritta anche da Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni del Partito Democratico, che ringrazio per aver preso a cuore il tema.

Queste persone sono state dimenticate da anni, è necessario fornirgli un supporto pratico e finanziario. Di loro non si occupa più nessuno in Regione, nonostante siano molte le proposte da noi avanzate, alcune addirittura votate negli scorsi anni anche all’unanimità in Consiglio. Purtroppo però rileviamo non vi sia nè una comunicazione, nè un progetto per rendere meno difficoltosa la loro vita. Nel tempo i gestori hanno provveduto ad ampliare la rete acquedottistica, ma molti residenti sono ancora tagliati fuori.

Siamo tornati indietro, e in peggio, di oltre 40 anni
Nel 1977, sempre a Vicenza, a seguito della scoperta di una contaminazione delle acque causata sempre dall’allora Rimar, poi Miteni, fu disposta infatti la chiusura del campo pozzi e di quelli privati garantendo ai cittadini la fornitura di acqua tramite l’impiego, nel breve periodo, di autobotti. E’ questa immediata capacità di azione che i cittadini si aspetterebbero ed è ciò che torniamo a chiedere oggi, dopo averlo fatto più volte nel corso della legislatura e in particolare durante la commissione straordinaria Pfas, dove proponevamo misure di sostegno in particolare per le famiglie con bimbi piccoli e donne in gravidanza.

Anche il direttore generale della sanità veneta, rispondendo alle Mamme No Pfas, aveva parlato di azioni per sostituire ‘l’acqua ad uso alimentare’, e all’epoca era stato promesso, alla presenza di assessori e del governatore, di fornirla con autobotti ai cittadini della zona rossa. Poi è calato il silenzio.

La Regione, responsabile del sistema sanitario e quindi della salute dei suoi concittadini, assieme ai sindaci, ha l’obbligo di intervenire anche informando adeguatamente sui rischi che si corrono nell’ingerire ancora alte concentrazioni di Pfas usando il pozzo privato per le funzioni quotidiane. I cittadini consapevoli consumano solo acqua in bottiglia, anche per fare la pasta: è normale che si debba vivere così? Chi non affronta questo disagio, che pesa economicamente e ambientalmente, non riesce a capire davvero la condizione svilente cui siamo sottoposti noi cittadini delle zone avvelenate. È stato perso troppo tempo, la Regione deve intervenire: non possono esserci veneti ‘figli di un Dio minore’: venga fornita a tutti acqua non contaminata da sostanze perfluoroalchiliche

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