Emergenza aviaria: più veterinari per controlli e moratoria allevamenti intensivi, come proposto dagli allevatori
A distanza di pochi chilometri da allevamenti già esistenti, con una generale situazione di alto rischio sanitario a causa dell’emergenza aviaria, è del tutto inopportuna l’apertura di un allevamento di quasi 40.000 capi di galline ovaiole a Lonigo, specie se teniamo conto dei passaggi dell’influenza aviaria a mammiferi, quali i gatti, registrati in Polonia.
Le conclusioni della procedura di audit svolta nel 2022 dalla Commissione Europea per la valutazione delle misure di controllo dell’influenza aviaria sono note e molto chiare, tanto che, con riferimento alle aree del Veneto e della Lombardia, è stato evidenziato il ‘rischio intrinseco’ dell’esposizione del settore produttivo avicolo a fattori, quali l’alta densità degli stabilimenti avicoli, che possono facilitare la rapida diffusione della malattia.
A questo elemento di valutazione bisogna inoltre aggiungere le altrettanto nette conclusioni dell’audit, secondo cui le carenze strutturali e organizzative ‘hanno minato la capacità del sistema di preparedness alle emergenze sanitarie degli animali, in particolare in Veneto e Lombardia’.
L’attività di monitoraggio e controllo dai veterinari pubblici è in corso ed è stata rafforzata perché la zona che dovrebbe accogliere il nuovo allevamento di ovaiole a Lonigo è zona a rischio, ma l’esperienza dello scorso anno, con un’estensione drammatica dell’influenza aviaria, ci ha insegnato che il numero dei veterinari pubblici è comunque sottodimensionato rispetto alla sostanziale presenza di allevamenti in Veneto.
Solo per fornire qualche dato, a Vicenza mancano 1/3 dei veterinari e le carenze dei bilanci delle ASL impediscono assunzioni a breve termine, anche solo per la sostituzione di chi va in pensione. In questa situazione non è possibile garantire la massima sicurezza di operatori e settore economico.
Per questo, da sette anni continuo a chiedere alla Regione di aprire spazi per incrementarne il numero.
È compito della politica dover prendere atto che in un contesto generale in cui sempre più persone scelgono una dieta priva di alimenti di origine animale, l’aumento di allevamenti intesivi per produrre carne a buon mercato ha costi sociali e sanitari che non possiamo permetterci, specie in territori che hanno pagato e stanno pagando l’inquinamento da PFAS.
Occorre affrontare subito una moratoria sui nuovi allevamenti intensivi: sono gli stessi agricoltori, sentiti in Commissione Agricoltura del Consiglio regionale del Veneto, a richiedere lo stop a nuove autorizzazioni di apertura di allevamenti.
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