Grandine: oggi sono tempeste eccezionali, domani la normalità. Siamo impreparati.
È un susseguirsi di danni alle proprietà e all’economia, costi ingenti e, soprattutto, vite in pericolo.
Che il Veneto sia una regione ad alta esposizione ai cambiamenti climatici è risaputo, visto che a certificarlo sono, ad esempio, un recente studio del Disaster Risk Management Knowledge Centre (DRMKC) del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, e le proiezioni elaborate dalla società australiana specializzata nella valutazione dei rischi climatici Xdi.
Tuttavia, non possiamo rassegnarci a essere una barchetta di carta in mezzo al mare, la nostra evidente vulnerabilità ai cambiamenti climatici deve tradursi in definizione di politiche sempre più attente, includendo anche la formazione dei cittadini in primis.
Già nel 2017, assieme agli esperti di Meteo in Veneto, presentai in Commissione ambiente una proposta di introduzione di una specifica formazione, coinvolgendo anche gli esperti metri, nelle scuole.
La formazione è indispensabile al fine di diffondere maggiore consapevolezza.
Perché se non possiamo ridurre la gravità dei fenomeni atmosferici, che sempre più spesso imperversano sulla nostra regione, potremo invece agire per ridurre il rischio e l’esposizione dei territori e dei cittadini.
Al contempo dobbiamo ripensare il Veneto. Il cambiamento climatico si mangia il PIL, così come chicchi di grandine grandi come granate devastano intere aree delle nostre province. Purtroppo, a suggerire di riflettere su ciò che coltiviamo e produciamo, sulla tenuta degli edifici, sui mezzi che adoperiamo per spostarci: si corre il rischio di essere etichettati come catastrofisti.
Ma i fatti valgono più di mille considerazioni, è sono appunto i fatti a dimostrarci che gli effetti del climate change diventano priorità solo quando toccano le nostre tasche, relegandoci alla conta dei danni con poche prospettive di prevenzione.
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