Pfas – Sui pozzi privati si deve agire: no allo scaricabarile!
Ieri vi ho raccontato delle mie proposte per aiutare le famiglie che vivono in case non collegate all’acquedotto nelle zone contaminate da Pfas (clicca qui), rimaste senza alcun aiuto o soluzione, quindi sottoposte a un rischio sanitario maggiore.
Subito dopo, la Giunta regionale ha risposto al mio comunicato (clicca qui) in un modo a mio avviso piuttosto sconcertante.
(Magari rispondesse con altrettanta velocità alle nostre interrogazioni e proposte!)
Per questo ritorno sull’argomento analizzando la loro risposta, perchè secondo me i politici alla guida della Regione Veneto, non occupandosi direttamente della questione Pfas e prevenzione sanitaria, stiano dando risposte evasive.
E’ vero che ci sono i gestori che hanno provveduto ad allacciare alcune nuove utenze e ciò lo abbiamo fatto emergere, ma molte restano quelle impossibili da raggiungere per motivi logistici. A queste situazioni la Regione deve trovare rimedio, senza nascondersi dietro le insufficienti ordinanze dei sindaci, su cui la Regione sembra giocare allo scaricabarile, oppure chiudendo i pozzi, lasciando le persone senz’acqua e costringendole ad usarla in bottiglia.
Le ordinanze le può fare anche il Presidente della Regione!
Lo ha fatto sul divieto di consumo del pesce di cattura. Una porzione di 100 grammi di trota che fosse pescata nei corsi d’acqua superficiale della zona rossa apporta 2000 ng di PFOS quando viene mangiata, ma anche il consumo per 10 giorni di 2 litri di acqua di pozzo con “solo” 100 ng//L di PFOA può apportare 2000 ng di PFOA che vengono assorbiti dall’organismo.
L’assessorato alla Sanità, proprio perché il suo stesso ufficio per la prevenzione evidenzia la pericolosità dei Pfas, invece di ideare strategie di autodifesa, investa il suo tempo per accogliere le proposte concrete che da consigliera, in stretto confronto con i cittadini interessati, pongo sul tavolo da anni. Parliamo di cittadini che:
- non beneficiano di alcuna diminuzione del tasso di esposizione, neppure attraverso i filtri temporanei;
- continuano ad usare i pozzi perché nessuno dice loro che i limiti cautelativi di oggi sono ben più bassi di quelli di un tempo;
- non sanno che a livello internazionale si stanno rivedendo al ribasso le concentrazioni di Pfas di sicurezza che ci possono tutelare dai rischi sanitari;
- usano l’acqua di pozzo per i bambini, le giovani donne e le mamme in gravidanza, non essendo consapevole di quanto i Pfas possano fare male a questi soggetti sensibili.
Cosa potrebbe fare la Regione per loro, quindi?
L’informazione deve essere al centro dell’azione della nostra Regione, affinchè i cittadini siano consapevoli dei rischi che corrono e accolgano le soluzioni che si possono a loro proporre. Inoltre dovrebbe prendersi a cuore, in sinergia con le amministrazioni locali, la salute di ogni singola famiglia, progettando con loro dei metodi per provvedere a ulteriori forme di tutela, che siano sistemi di filtraggio, supporti per una fornitura di acqua alternativa, almeno per le necessità alimentari e così via… E’ bene sapere che anche nel Mid-Ohio è stata prevista da subito la distribuzione di acqua in bottiglia a carico del pubblico!
E con quali fondi?
La Regione, ad esempio, invece di diminuire il costo della concessione alle aziende che imbottigliano l’acqua di fonti perlopiù vicentine, potrebbe usare queste entrate per sostenere le famiglie che vivono il disagio, come accade in Germania nelle aree costantemente sottoposte ad un inquinamento simile ma meno impattante rispetto a quello Veneto, e dove bimbi e donne in gravidanza sono stati assistiti in modo particolare.
Un accenno infine lo faccio sulla questione agricoltura, visto che la risposta della Regione parla di questo aspetto (forse perchè sui pozzi usati in casa dalle famiglie non aveva molto da dire?). Di questo aspetto e delle implicazioni in agricoltura mi sono occupata lungamente dall’inizio del mio mandato,
Prevedere un punteggio in più, in una misura del Piano di Sviluppo Rurale, per le aziende in zona rossa (quella calcolata sulla distribuzione di acqua con acquedotto) è ben diverso dal prevedere aiuti alle aziende in area contaminata: Montecchio, Creazzo, Sovizzo sono solo alcune delle comunità sopra la falda contaminata che voi avete scelto di definire zona arancio.
Per l’ennesima volta mi trovo a ripetere un concetto elementare mai calcolato da tecnici e Giunta: le aziende agricole non usano acqua di acquedotto e quindi non sono solo in zona rossa.
Inutile, quindi, questa misura. Per questo da tempo sollecito l’assessorato: giusto che finalmente, dallo scorso anno, abbia iniziato a lavorare con i consorzi di bonifica (proposta da me avanzata già nel 2016!), ma l’agricoltura è fatta di molti pozzi privati e non solo di reti irrigue.
Ma cosa farei fossi al posto dell’assessore competente?
Ho proposto di agire con progetti che ci permettano d’essere consapevoli di:
- quali alimenti incidano di più sulla dieta,
- quali metodi di irrigazione siano migliori,
- quali i prodotti più sensibili,
- quali aziende vanno aiutate maggiormente.Ne va della vitalità del settore e della sicurezza dei cittadini, non solo quelli dell’area rossa. Se no a nulla servono i fondi del PSR.
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