Monitoraggio Pfas zona arancione: carenza informazioni costringe i cittadini al fai-da-te.
La Regione diffonda le indicazioni operative per le analisi Pfas a pagamento in zona arancione: i ritardi, la mancanza di chiarezza e la conseguente confusione che ne deriva rischiano di far pensare che la Regione non voglia incentivare la partecipazione ad una iniziativa utile per chiarire quanto e come possiamo ridurre i rischi sanitari anche per chi abita sopra la falda inquinata.
Informazioni difficili da reperire, assenza di una vera campagna divulgativa e la mappatura poco puntuale rendono l’adesione al monitoraggio Pfas per i cittadini in zona arancione un calvario.
La famosa delibera della Giunta regionale, pubblicata lo scorso gennaio, indicava una finestra temporale della durata di 90 giorni per l’adeguamento dei flussi informativi e alla definizione delle misure organizzative.
A sei mesi di distanza i più non sanno di poter accedere, mentre chi lo sa ha informazioni precarie. Infatti, i cittadini non comprendono quali uffici e attraverso quali canali interpellare, si rivolgono quindi ai loro medici di base che lamentano di non aver ricevuto tutte le informazioni necessarie.
E’ solo grazie al tam-tam avviato dalle Mamme No Pfas e di altre associazioni attente al tema che sappiamo che il numero a cui rivolgersi è l’800 059 110.
Ma non dobbiamo affidarci al solo passaparola: il diffondere adeguatamente le linee operative, chiarendo anzitutto i criteri di accesso, quali: fasce di età e le specifiche via di residenza comprese nella zona arancione oltre al periodo di residenza a cui fare riferimento, dovrebbe costituire il primo step di una divulgazione trasparente, andando così a incentivare la partecipazione attiva da parte di tutti.
Purtroppo, analisi a pagamento (90 euro) e scarse informazioni non costituiscono un buon inizio per questo monitoraggio, tanto atteso, e per la rilevanza scientifica e sanitaria di questa ricerca.
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