E’ arrivato il nuovo Bollettino del Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta a Pfas.
Dal primo rapporto del luglio 2017 al recente aggiornamento di giugno 2019, la popolazione indagata nel piano di sorveglianza è arrivata a 26.240 (valori degli esami e risposte al questionario sugli stili di vita).
In fondo alla pagina, potete scaricare i Rapporti, ricordando che la sorveglianza prevede di sottoporre alle analisi un totale 84.852 persone, a cui va sommato l’ampliamento della sorveglianza ai soggetti in età pediatrica e ai nuovi 14 anni, residenti nell’Area Rossa (si parla, per ora dei nati nel 2008 e 2009 e dei nati 2003).
Sull’estensione del Piano
Nel frattempo rimangono disattese le promesse riguardanti l’estensione del monitoraggio agli altri comuni della zona “arancio” (ma non solo) e, anche per questo motivo, ribadisco come il progetto della Sanità veneta sul tema Pfas rimane, purtroppo, uno strumento progettato soltanto per rassicurare la nostra comunità e tutelare la politica leghista da ogni attacco sulla leggerezza con cui ha trattato il tema.
Presa a carico o ricerca del nesso “causa-effetto”?
Viene quindi meno la prospettiva di un intervento della Regione volto a confermare i gravi rischi sanitari, necessario non solo alla scienza internazionale e alla politica per definire future azioni preventive, ma a noi cittadini danneggiati: perchè certificare il nesso “causa-effetto” ci consentirebbe di perseguire chi ha causato o omesso la contaminazione da PFAS anche per un conclamato danno sanitario, non solo per danno ambientale.
A conferma di ciò, condivido con voi una riflessione su quanto scritto nel rapporto: la presa in carico sanitaria promossa dalla Regione serve per “l’identificazione di malattie croniche degenerative dovute all’esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche ed agli scorretti stili di vita”.
Voglio soffermarmi su questa affermazione, il fulcro dell’indagine, poichè ciò che in molti riscontriamo, medici ISDE in primis, è il subdolo tentativo di identificare forzatamente cause esterne al tema PFAS, a cui ricondurre una patologia o valore alterato riscontrati durante lo screening.
Ad esempio, fa sorridere come la Sanità veneta consigli ad un atleta di modificare lo stile di vita aumentando l’attività sportiva, poichè presenta un alto livello di colesterolo.
Per la Regione ha più peso la quantità di verdure ingerite o di sport abitualmente fatto,s piuttosto che una massiccia quantità di sostanze chimiche antropiche che non dovrebbero nemmeno esistere nel nostro corpo!
Di seguito potete confrontare gli aggiornamenti della presa in carico e una mia riflessione, ormai di 2 anni fa.
Persone 26.240 – Sorveglianza PFAS_Rapporto10_giugno2019 (DGR 2133/2016 e sono in fase di allineamento i comuni integrati con DGR 691/2018)
Persone 24.703 – Sorveglianza PFAS_Rapporto9_marzo2019
Persone 13.856 – Sorveglianza PFAS_Rapporto6_giugno2018
Persone 9.757 – Sorveglianza PFAS_Rapporto5_marzo2018
Persone 7.881 – Sorveglianza PFAS_Rapporto4_gennaio2018
Persone 6.233 – Sorveglianza PFAS_Rapporto3_novembre2017
Persone 3.712 – Sorveglianza PFAS_Rapporto2_settembre2017
Persone 1.342 – Sorveglianza PFAS_Rapporto1_luglio2017
Alcune considerazioni personali (settembre 2017), sempre attuali!
“Questo monitoraggio non è di facile realizzazione: per concluderlo ci vorrà molto tempo, ma ancora non è chiaro nei suoi obiettivi. Vuole avere una valenza scientifica oppure prendersi carico della popolazione?
Parrebbe la seconda, leggendo le delibere regionali e le dichiarazioni degli addetti ai lavori, che le fasi della presa in carico, cioè delle visite specialistiche e dell’assistenza medica, si avviano con difficoltà, senza parlare del “quasi nullo” coinvolgimento del medico di famiglia, che ha la fotografia precisa dello stato del paziente ma che non viene mai interpellato.
Vuole avere valenza scientifica? Allora si dovrebbe proseguire con un sperimentazione clinica che metta bene a confronto popolazione esposta alla non esposta e che, nell’ambito delle possibili soluzioni come la plasmaferesi, certifichi i risultati attesi e scelga le priorità di intervento non solo sulla base delle concentrazioni ma anche sull’urgenza, ad esempio per i malati affetti da determinate patologie.
Affrontare il monitoraggio con valenza scientifica avrebbe permesso di definire con chiarezza e rapidamente i passi da percorrere per il resto della popolazione, prendendosene poi carico con consapevolezza, senza lasciare cittadini e genitori soli, con in mano una lettera che indica come valore di pfoa 254 ng/l, a confronto con un valore normale di 8 ng.
Un monitoraggio che comunque non dovrebbe proseguire senza l’avvio di una definitiva sostituzione di fonti di approvvigionamento, dei pozzi privati contaminati e senza la consegna di un serio vademecum di buone prassi per limitare l’esposizione quotidiana. Se tutto ciò fosse da tempo avviato, come da molti ribadito, me compresa, sarebbe già iniziato un processo naturale di riduzione dei valori nel sangue.”
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