Con voto unanime è stata approvata in Consiglio, la mozione che ho presentato a gennaio (leggi la mozione), impegnando la Giunta a “fornire ai cittadini, in particolare alle donne in gravidanza, consigli ed indicazioni sugli accorgimenti da adottare per limitare gli effetti dannosi dei Pfas sulla salute, soprattutto quella materna e neonatale”.
E’ più che mai urgente guidare la popolazione della zona rossa e in particolare le donne, le future mamme e le mamme, su quali siano le azioni più adeguate per tutelare preventivamente la propria salute e quella dei propri figli. Una tutela che deve partire fin dalla fase gestazionale.
Il via libera a questa mozione riconosce questa necessità ed ora mi attendo che la Regione predisponga innanzitutto un vademecum che aiuti i cittadini delle aree più esposte a fare scelte di qualità per quanto riguarda alimenti, utensili e vestiario. Il tutto nella consapevolezza che si tratta di un territorio diverso dal resto del Veneto perché sottoposto, giorno dopo giorno da almeno 40 anni, ad un inquinamento costante e non soltanto legato all’acqua.
E’ inaccettabile che le donne di queste aree inquinate dai Pfas debbano rimanere in una condizione di svantaggio e senza sostegni: dobbiamo sentirci libere di scegliere di avere un figlio senza vivere nell’ansia di un territorio e di un ambiente ostile perché inquinato.
Gli equilibrismi tra le esigenze delle industrie e quelle della salute pubblica devono cedere il passo ad una gestione di difesa totale di neonati e bambini da quei danni tossicologici evidenziati nel settembre 2016 dallo Studio sugli esiti materni e neonatali in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (a cura del Registro Nascita – Coordinamento Malattie Rare della Regione Veneto). Non parliamo di piccoli rischi ma di patologie gravi per mamma e bambino.
Lo studio sui 21 Comuni della zona rossa pone l’attenzione sul possibile legame fra la diminuzione percentuale dei casi di SGA (piccoli per età gestazionale) e l’installazione dei filtri, con conseguente riduzione dell’esposizione con l’uso di acqua del rubinetto. O ancora, la degradazione del rischio di contrarre diabete gestazionaleman mano che ci si allontana dall’area rossa.
Queste considerazioni non possono che spingere energicamente la nostra Regione a prendere coraggio e ad intervenire subito, almeno con preventive indicazioni di comportamento, per la garanzia della salute delle attuali e future generazioni, tutelando il diritto alla maternità delle donne del territorio inquinato.
Per avere maggiori informazioni e per dirmi la vostra considerazione su questo tema, contattatemi su scrivimi@cristinaguarda.it
Lascia un commento