Pfas e bonifica, 10 anni di sottovalutazioni e formalità
Rispetto alle recenti dichiarazioni dell’Assessore all’ambiente sulla bonifica Miteni, mi preme ricordare che gli sforzi citati, in quanto compiuti dalla Regione, hanno sin qui permesso solo la parziale sostituzione degli acquedotti, tant’è che 18.000 persone sono ancora senza allacciamento acquedottistico, e di certo non rassicura apprendere che la gara per una parte dell’allacciamento più importante è stata sospesa dall’ente gestore.
Manca a rapporto, inoltre, lo studio epidemiologico promesso nel 2017, necessario ai fini scientifici o legali.
Garantire il supporto al Comune di Trissino per la conferenza dei servizi e il confronto con l’azienda è sicuramente giusto e apprezzabile, ma è il minimo che una istituzione regionale dovrebbe fare, visto che il bilancio è di un inquinamento che non riguarda solo quel Comune ma 5 su 7 province venete, rendendo inutilizzabili acque di falde e fiumi strategici per i veneti.
Attendiamo da 10 anni e non abbiamo ancora un progetto di bonifica definito con scadenze chiare.
Ricordo che solo tramite le indagini del NOE nel 2017 e le richieste avanzate dalla Provincia di Vicenza nel 2018 emerse una realtà ben diversa da quella descritta dagli atti e dall’azienda: Miteni stava contaminando ancora, nonostante abbia ottenuto un’autorizzazione integrata ambientale proprio dalla Regione nel 2014, dopo la denuncia dell’inquinamento.
È evidente che per quanto ci si sforzi di dire che “si è fatto tutto il possibile“, la Regione del Veneto avrebbe dovuto fare molto di più: informazione trasparente, interventi per i lavoratori, controlli più efficaci sulle contaminazioni in corso, difesa dell’agricoltura e interventi per i cittadini più esposti, donne, bambini e agricoltori, i più contaminati dopo i lavoratori della ex Miteni.
Chi inquina deve pagare, verissimo, ma dobbiamo davvero attendere i tempi della azienda? È più importante una pista da bob o la protezione della seconda falda più importante d’Europa?
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