Pfas – In USA e i limiti più restrittivi al mondo. In Veneto e in Italia è miraggio.”
L’esempio
Mentre lo Stato del Massachusetts, a fronte di una evidente emergenza legata all’inquinamento da PFAS, non ci ha pensato un attimo nell’intervenire imponendo i limiti più restrittivi al mondo e stanziando 24 milioni di euro per bonifiche, monitoraggi e ricerche, qui in Veneto ci si ostina ancora a pensare che siano sufficienti limiti cautelativi.
La vicenda della falda inquinata dall’uso di schiume antincendio contenenti PFAS, usate presso l’Aeroporto Martha’s Vineyard di West Tisbury, nel Massachusetts, dovrebbe essere d’esempio alla Giunta.
Il loro nuovo Piano di Emergenza varato ha rivisto al ribasso i limiti della somma di 6 tipologie di Pfas trovate nelle acque di 9 fonti di prelievo potabile: PFOS, PFOA, PFDA, PFHpA, PFHxS, PFNA. Una decisione, quella del Governatore del Massachusetts, motivata dalla scelta di tutelare al massimo livello le donne in attesa e i bambini. Ciò ha portato ad abbassare i limiti dallo standard 70 ng/l ai 20 ng/l per i 6 tipi di Pfas.
In Veneto e in Italia
Tutto questo fa impallidire l’UE visto che la Direttiva Acque è ancora in sospeso, in attesa dell’approvazione finale, e anche l’Italia il cui Ministero dell’Ambiente latita dopo un continuo e pluriennale susseguirsi di promesse, visto che sceglie di attende l’Europa invece di proteggerci fin da subito con limiti italiani.
Ma anche per il Veneto è notte fonda. Zaia parla di “pfas zero” quando non sono per nulla pari a zero.
Siamo fermi all’idea che siano sufficienti limiti a 40 ng/l di somma PFOS e PFOA nella Zona Rossa e pari a 70 ng/l per tutti gli altri territori. Siamo inchiodati al fatto che si debba intervenire per proteggere solo i cittadini della zona Rossa collegati agli acquedotti e non tutti gli altri.
E’ per questo che continuo a ribadire come sia urgente tutelare le comunità come quella di Arzignano e i cittadini che ancora non sono serviti da acquedotto e, per questo, sottoposti ad acqua di pozzo direttamente prelevata dalla falda contaminata.
Senza dimenticare quei siti considerati a rischio dalla comunità scientifica, come nel caso di Pescantina o Rovigo.
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