Caro Presidente,
Negli ultimi giorni del dibattito referendario che ha preceduto il voto di domenica scorsa, tra i tanti cittadini incontrati sul territorio mi sono rimaste impresse le parole di Paolo: “Sono un veneto doc, un cattolico impegnato, gran lavoratore, dallo spirito servizievole e dal carattere riflessivo. Non ho mai votato Lega perché non gioisco di fronte alle grida di chi dice ‘prima i veneti’ e perché, per me, la solidarietà non conosce carta d’identità. Però andrò a votare per l’autonomia del Veneto perché credo che questa nostra realtà meriti nuovi strumenti di cambiamento”.
Paolo fa parte di quelle 1.200.000 persone che domenica scorsa sono andate a votare al referendum sull’autonomia pur non avendo votato per lei e per la Lega alle ultime elezioni regionali. Paolo fa parte di quelle migliaia di persone che hanno fatto un grande sforzo politico: hanno superato le diversità partitiche e lo scetticismo nei confronti delle scelte di governo regionale, per dare spazio ad una opportunità di autonomia non egoistica ma propositiva, quella che non vuole alzare la voce contro qualcuno ma che desidera rimboccarsi le maniche per prendersi cura, con maggiore attenzione, del proprio territorio. Sperando dunque in opportunità nuove, specialmente per i più fragili, siano essi aziende, interi settori produttivi, famiglie o giovani.
Di fronte a questo sforzo che supera le diversità culturali e politiche per lanciare una richiesta forte di cambiamento, in quanto Presidente, Lei ha il dovere di agire con il massimo rispetto. La sua responsabilità non può limitarsi ai suoi aficionados ma si estende a quei veneti che hanno voluto guardare oltre e partecipare nonostante i messaggi confusi, molte volte contraddittori di cui Lei stesso si è fatto portavoce.
Proprio per questo le sue ultime esternazioni, con la proposta di uno Statuto speciale del Veneto, già avanzata vent’anni fa ma mai sostenuta in parlamento dal suo partito, appaiono stonate. Da un lato questo rilancio appare come una provocazione per aprire un nuovo scontro con lo Stato, visto che la richiesta di Statuto speciale è incostituzionale. Contemporaneamente è una proposta che viola quel patto con i veneti che hanno partecipato al referendum avendo come unico orizzonte quello dell’autonomia del Veneto. E poco importa se, dopo aver verificato il rischio di fratture interne, ha cercato un modo per uscirne elegantemente. Ha lanciato una gara a chi la spara più grossa, confondendo ancora di più le idee, mettendo volutamente in difficoltà tutti e causando un gravissimo effetto domino: la conseguenza più grave sarà un pericoloso aumento di sfiducia nelle istituzioni, contribuirà all'inflazione della rabbia nei confronti di Roma, senza spiegare che è una richiesta esasperata che supera i termini indicati nel quesito referendario. E, cosa ben più grave, contribuirà alla decadenza della fiducia dei veneti nei confronti del governo Veneto. Perché il rilancio continuo ed esasperato rafforza l’idea del “tanto sapevamo non ci avrebbero ascoltati e avrebbero tramutato il tutto ad una diatriba politica”.
Sta, inoltre, alimentando uno scontro tra comunità e lanciando un messaggio pericolosissimo, assimilando il decentramento del potere e della gestione di aspetti pratici su istruzione, ambiente etc.. ad una chiusura dei confini culturali e sociali della nostra bella comunità veneta. Considero necessario che la politica sia promotrice di pace e fratellanza, non di gare a trovare differenze tra noi e gli altri: ci si può prendere cura meglio del nostro territorio anche senza alzare muri e senza rinunciare alla responsabilità sociale che la nostra cultura veneta e cristiana ci hanno insegnato.
Parliamo quindi delle opportunità che abbiamo, dei progetti che ora dovremo costruire e di cui fino ad ora non ha voluto parlare, nemmeno confrontandosi con il Consiglio regionale che negli ultimi anni ha continuamente richiesto che si passasse ad una programmazione degli obiettivi, scegliendo come sarebbe davvero cambiato il Veneto, senza lasciare al fato o al “poi vedremo” che abbiamo visto ad esempio, recentemente, per la riforma sanitaria.
Caro Luca, ha avuto 12 lunghi anni per progettare questo passaggio. Un passaggio che, vale la pena ricordarlo, naufragò nel 2008 quando il governo Bossi-Berlusconi si dimenticò totalmente della trattativa avviata dall’allora governatore Galan con l’esecutivo guidato da Romano Prodi. Non sarà tollerabile, quindi, che si ripeta una condizione del genere: Lei dovrà sciogliere le gravi diversità che si riconoscono nel suo partito tra gli indirizzi nazionali del suo segretario e quelli regionali, sia Lei ancora Presidente del Veneto, di nuovo Ministro o.. chissà!
È un passaggio ad una autonomia differenziata che nulla deve avere a che vedere con scissionismi ed egoismi anti comunità o anti Italia, e che oggi Lei, Presidente, chiedendo a tutti di fare squadra, dovrà ricordarsi di trattare rispettando anzitutto Paolo e tutti i veneti che non chiedono la politica di chi la spara mediaticamente grossa ma una politica umile, laboriosa e coraggiosa.
Caro Presidente, non tiri troppo la corda, non approfitti della buona fede e dell’onestà intellettuale di quei veneti che hanno votato per una autonomia ragionevole, responsabile e solidale. Non di certo per un progetto di cambiamento egoistico e di scontro perenne.
Auguro a Lei e a tutti noi buon lavoro, auguro ai Veneti grandi opportunità.