“Censimento e controlli anche sugli scarichi industriali, l’agricoltura non sia lasciata da sola in questa battaglia”
Attualmente la regione ha recepito diverse note operative dal Ministero dell'Ambiente e dall' Istituto Superiore della Sanità, soprattutto su come agire e che metodi adottare per il contenimento dei PFAS. La Regione ha recepito fin da subito una nota riguardante la vigilanza, il controllo e anche la chiusura dei pozzi privati per l'agricoltura.
Ma si è dimenticata un'altra realtà che utilizza l'acqua contaminata della nostra falda: l'industria. Serve avviare un censimento di tutti gli scarichi dell’acqua reflua, compresi quelli industriali che prelevano acqua dalla falda e poi la immettono nei corpi idrici superficiali, spesso in pianura utilizzati in agricoltura nell'irrigazione. La battaglia contro l’inquinamento da Pfas va combattuta tutti insieme e per questo è necessario anche il contributo del comparto industriale: a riguardo ho presentato in Consiglio regionale, alla Giunta regionale, una mozione.
Attualmente nelle zone del Veneto inquinate da Pfas soltanto gli agricoltori sono obbligati a far analizzare e depurare l’acqua prelevata dai pozzi privati per l’irrigazione e l’abbeveraggio degli animali e a sostenerne le spese, sia dei laboratori che delle opere di allacciamento alla rete pubblica. L’acqua che viene prelevata dalle industrie, invece, non viene analizzata e quindi c’è il rischio che, una volta scaricata nelle reti idriche, si moltiplichi l’effetto dei Pfas anche nelle acque superficiali. Affinché la concentrazione dei PFAS nelle acque superficiali diminuisca, dobbiamo conoscere quelle attività commerciali non private che prelevano dalla falda e rimettono le acque nei nostri corsi superficiali, passando per i depuratori degli Enti Gestori.
Ho chiedo dunque alla Giunta di avviare un censimento di tutti gli scarichi industriali, al fine di contenere le concentrazioni di PFAS nelle acque superficiali entro i limiti di performance indicati con una nota alla Regione del 6 aprile dall’Istituto Superiore di Sanità, secondo il quale ‘(…) l’obiettivo per le sostanze perfluoroalchiliche dovrà essere quello della virtuale assenza in tutte le emissioni e scarichi nei corpi idrici’. L’11 maggio anche il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha inviato una nota alla Regione del Veneto, confermando l’applicazione dei limiti di performance per gli scarichi di acque reflue. L’appello degli enti preposti alla tutela della salute e dell’ambiente è dunque chiaro e la Regione non può fare orecchie da mercante. Tutti facciano la loro parte, non può essere soltanto l’agricoltura a pagare per colpe che non sono sue.
MANCANZA DI UNA PROGETTUALITA' AMBIENTALE DELLA REGIONE VENETO
Gli interventi che si stanno pianificando per rispondere all’emergenza PFAS, sia per quanto concerne l’ambiente che la sanità, sono progettati nel rispetto del "principio di precauzione" e stanno mettendo alla prova il nostro territorio.
Purtroppo, però, dobbiamo essere consapevoli che fino ad ora la nostra Regione non ha mai fatto un programma sull'ambiente, non ha hai avuto un'idea o una visione di lungo periodo, non ha mai pianificato interventi in particolare per quanto concerne la garanzia dell’ambiente, la bonifica, la tanto dimenticata prevenzione ambientale, la “green economy”... E naturalmente ne stiamo pagando le conseguenze: inquinamenti vasti che vanno sempre ad incidere sulle tasche dei contribuenti per riparare al danno.
Con i perfluoroalchilici molti cittadini cominciano ad accorgersi che l’inquinamento, qualunque esso sia, non riguarda solo l’ambiente, ma crea un effetto a cascata disastroso, che colpisce molteplici realtà: salute, agricoltura, imprese e innovazioni, ritorno economico e lavoro, responsabilità industriale, politica e gestione dei beni comuni, proprio come l’acqua. Dobbiamo pensare d’ora in poi che al Veneto serve una politica ambientale seria per il futuro dell’ambiente che lasceremo in eredità ai nostri figli.
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